Isabella Bellagamba - psicoterapia, infanzia e adolescenza
           
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La psicoterapia cognitivo-comportamentale (TCC) è una delle più diffuse psicoterapie per il trattamento di diverse forme di disturbo, anche in età evolutiva, come dimostrato da numerosi studi scientifici internazionali che ne attestano l’efficacia nella maggior parte delle condizioni psicopatologiche.
La teoria cognitivo-comportamentale, sviluppata intorno agli anni Sessanta a partire dai lavori di Aaron Beck,  considera l’integrazione tra le variabili di tipo comportamentale (comportamenti manifesti del soggetto), di tipo cognitivo (processi mentali di pensiero, rappresentazione, memoria, attenzione…) e di tipo emotivo, tutte in stretta relazione tra loro e nella stessa misura oggetto di analisi e trattamento psicoterapeutico.
È una terapia direttiva, adattata al trattamento individuale, di coppia e in gruppo e di breve o media durata.
Nella teorizzazione classica, essa è finalizzata ad esplorare e quindi modificare i pensieri distorti, le emozioni disfunzionali e i comportamenti disadattivi del paziente, rendendolo consapevole ed agente attivo del cambiamento, con lo scopo di facilitare la riduzione e l'eliminazione del sintomo o del disturbo psicologico.
A differenza di altre psicoterapie, la terapia cognitivo-comportamentale si focalizza prevalentemente sul presente cioè si orienta alla soluzione dei problemi attuali, per mezzo di tecniche specifiche, strategie di fronteggiamento delle situazioni critiche e della ristrutturazione dei meccanismi psicologici e delle rappresentazioni si sé, degli altri e degli eventi, responsabili del mantenimento della sintomatologia.

L’approccio costruttivista, che rappresenta una evoluzione della teoria cognitiva a partire dai contributi di Vittorio Giudano, si arricchisce di elementi più articolati e complessi nello studio e nella terapia della sofferenza psichica, focalizzandosi sui sistemi e le modalità con cui le persone attribuiscono significati agli eventi, creandone delle rappresentazioni del tutto personali.
La realtà psicologica non viene più ritenuta oggettiva, bensì è considerata come il prodotto dell’interazione tra ambiente ed osservatore, che interpreta e attribuisce significati secondo i propri schemi, le proprie regole e principi di matrice soprattutto relazionale.
L’individuo diviene così un sistema conoscitivo completamente attivo, in grado di filtrare la realtà, e strutturato attraverso un insieme di costrutti e credenze che gli permettono di organizzare il proprio comportamento e reagire emotivamente in risposta all’ambiente ed ai significati personali attribuiti ad esso.
La realtà quindi non è più indipendente dall’osservatore, che la costruisce attivamente, ma diviene la realtà personale di ogni individuo, ed ogni visione della realtà non può non essere specifica per quella persona.
La terapia diviene pertanto lo spazio privilegiato in cui il paziente può sperimentare modalità più flessibili di dare senso alla propria esperienza: il lavoro di analisi e rivisitazione delle rappresentazioni e delle modalità di attribuzione di significati personali trova il terreno più fertile nella relazione terapeutica. Essa è la dimensione privilegiata in cui il cliente può acquisire la consapevolezza dei propri processi emotivi e sperimentare modalità relazionali più flessibili, che favoriscano una maggiore stabilità emotiva e una maggiore capacità di fronteggiare gli eventi negativi.
In questo modello è il paziente stesso, sotto la supervisione dello specialista a comprendere la sua personale modalità di conoscere il mondo e a trovare delle personali alternative di interagire con esso che siano meno rigide e più “percorribili”.
L’obiettivo finale dell’intervento terapeutico è quello di arrivare ad una riarticolazione del significato personale e delle modalità di rappresentazioni degli eventi. Questo implica non soltanto la scomparsa dei sintomi ma anche la crescita della consapevolezza personale, che permette alla persona di reagire ai futuri eventi con modalità più adattive da un punto di vista comportamentale, emotivo e cognitivo.
I medesimi obiettivi e metodologie di lavoro, genericamente delineati, vengono applicati anche nella terapia con il bambino o l’adolescente, in cui gli schemi di significato personale sono spesso mutuate dalle esperienze e dalle dinamiche relazionali in famiglia. In quest’ottica, la collaborazione con i genitori diviene indispensabile per ogni intervento: sia il bambino sia l’adolescente sia i genitori fanno parte di un unico progetto di lavoro congiunto, con obiettivi condivisi e accettati da ogni persona, in quanto ognuna è un agente attivo di cambiamento.

 
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